Spinoza nel Porcile

Nel decimo episodio dell’opera teatrale Porcile, Pasolini fa incontrare in sogno Julien – il protagonista del dramma, da cui nel 1968 trasse anche il film omonimo, uscito poi tra gli strepiti della censura l’anno successivo – e Spinoza. Sì, il filosofo. Nella tragedia teatrale, la presenza e le parole di Spinoza danno alla morte di Julian un significato che nel film non è altrettanto chiaro.
Il film è diviso in due episodi, o in due parti, continuamente intrecciate. Nella prima, si racconta di un cannibale, prima, e poi di un gruppo di cannibali che – su di un vulcano – attaccano e divorano gli Altri. Fino alla sconfitta, ovviamente: la trasgressione non paga fino in fondo. Il secondo episodio è la storia di una famiglia di industriali tedeschi –i Klotz- nella Germania del secondo dopoguerra. Il padre-padrone si alleerà col suo maggior concorrente (nel film, Ugo Tognazzi), mentre il figlio Julien (Jean-Pierre Léaud, l’attore simbolo della nouvelle vague) non riuscirà ad amare che dei maiali, fino a farsi sbranare da loro.

Se nel film l’atto di sacrificarsi ai maiali appare contraddittorio, nel dramma le parole di Spinoza aiutano ad illuminarne il senso: il filosofo afferma infatti che quello che dovrebbe consigliare al giovane, seguendo le teorie scritte nella sua Etica, è di ritornare in seno alla famiglia, alla sua società, poiché razionalmente è quello il solo luogo dove è possibile «la libertà dell’eresia e della rivoluzione». Ma qui Spinoza abiura se stesso e questa tesi, riconoscendola figlia della stessa razionalità borghese contro cui si muove. L’ideologia ha trovato il suo limite, che può essere però scavalcato con un atto di sentimento, di passione, corporeo: l’atto che si sta accingendo a compiere Julian, dandosi in pasto ai maiali, e che il personaggio Spinoza assimila alle azioni dei santi che «hanno predicato / senza dire una parola – col silenzio, / con l’azione, con il sangue, con la morte»[1].
Spinoza viene invocato in un punto critico: quello del rapporto tra ragione e passioni. E spiega a Julian che “se il terreno di confronto è la mera Ragione, la Ragione avalla sempre il diritto del più forte […]. Dal dominio totalitario della Ragione tecnocratica ci si libera solo attraverso il recupero del sacro, dell’Altro. È solo la pura vita, ciò che è prima e dopo dei gesti e delle parole, a poter superare il totalitarismo tecnocratico, vita a cui il senso appartiene da sempre”
[2].
La vita informa ragione e sentimenti e ne costituisce lo sfondo ineliminabile, la Terra.


[1] Matteo Gilebbi. Orgia di parole. Suggestioni su ritualità e linguaggio in Pier Paolo Pasolini, University of Wisconsin-Madison, Spring 2007, pag. 18, https://mywebspace.wisc.edu/gilebbi/web/Papers/Pasolini_Orgia_parole_paper2007.pdf

[2] Serafino Murri. Pier Paolo Pasolini, Editrice Il Castoro srl, Milano, pag. 112.

Una Risposta to “Spinoza nel Porcile”

  1. Porcile 1968-69 :Pier Paolo Pasolini al cinema e teatro ; e altro di P.P.P. | controappuntoblog.org Says:

    […] https://passionipoststoria.com/spinoza-nel-porcile/ […]

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