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Falò d’ira o incendi rivoluzionari?

24 novembre 2008

grillo_tutti-a-casaUn personaggio pubblico come Beppe Grillo assume per un verso il ruolo di sportello di una nuova banca dell’ira, i cui correntisti ideali sono gli insoddisfatti, i disillusi da sempre, i più-oltre. Coloro che magari già da tempo non votano. Ma quando dichiara che il suo movimento è contro la politica, entra nel gioco politico, ndo anche partito: Norberto Bobbio avvertiva che chi dice di non essere né di destra né di sinistra, è di destra.
Denunciare va bene; attaccare anche aspramente le posizioni politiche degli altri è naturale. Evocare però castelli di rabbia, temporali d’ira dalle piazze per poi disperderli, bruciandoli nell’invettiva catartica, è un’operazione – come si diceva un tempo – oggettivamente conservatrice, nel senso che favorisce senz’altro lo status quo, non capitalizzando e non facendo fruttare psicopoliticamente l’energia timotica dei delusi e degli irati. Esponendosi a critiche simili a quelle che i comunisti muovevano un tempo agli anarchici.
Personaggi politici come Giannini dell’Uomo Qualunque eo Beppe Grillo si pongono quindi come diretti avversari delle banche dell’ira, scegliendo un’ottica radicalmente antipartitica ed anti-economica: la protesta urlata, “de core”, funziona benissimo da valvola di sfogo del potere, viene vissuta dal Centro come un salutare allentarsi della tensione d’assedio. Cento Grilli bastano a disfare il lavoro di mille cicale della rivoluzione e del riformismo progressista.
Peraltro, la società dei due terzi è solleticata quotidianamente dalla televisione, specie dalle reti Mediaset, con programmi flamer come Striscia la notizia o Le jene. Che denunciano, spesso sulla base di fatti, storture e privilegi; ma una cui funzione non secondaria è proprio il tener alto il livello d’ira, il furore contro. Va da sé che l’intero palinsesto accompagna queste punte timotiche: titoli e servizi del TG2 e del TG4 sono spesso più efficaci di un’invettiva dello Sgarbi di turno.
La risposta sembrerebbe affidata a trasmissioni come Annozero, Ballarò o Report. Che mobilitano altrettanta rabbia sul fronte opposto, anzi: che a volte, ed in misura e con qualità diversa, riescono anche ad approfondire le ragioni del disamore nei confronti della malapolitica e della cattiva amministrazione, senza fare di ogni erba un fascio. Ma alle quali manca il più delle volte poi una sponda, un referente politico capace di far fruttare la denuncia dando una risposta progressista; mentre sul versante conservatore sono attivi collettori efficaci quanto il Partito delle Libertà e la Lega, capacissimi di introiettare dagli spettacoli televisivi queste passioni-contro e di tenerle vive.

Stessa mimica di Grillo, diversa capacità politica

Stessa mimica di Grillo, diversa capacità politica

Nei palinsesti, esistono anzi ormai una serie di palestre dell’ira che allenano gli spettatori alla rabbia, all’eccesso, all’attacco urlato, cosicché poi scatti più facilmente il riflesso identificativo nel momento in cui è il commissario ad acta dell’ira a dare il là. Questi sparring partner delle passioni timotiche affollano i palinsesti RAI e Mediaset.   Ecco la funzione principale di trasmissioni come Uomini e donne e Amici della de Filippi (una razionale e sagace incubatrice delle tensioni interpersonali) e di “opinionisti” come Vittorio Sgarbi, Raffaello Tonon, Antonella Elia,  provocatori esperti, in grado di scatenare effimere risse televisive su temi di nessuna importanza – intuizione, questa delle risse televisive, rivendicata da Maurizio Costanzo.
Vedremo in seguito quanto abbia contato, nel caso americano, la consapevolezza e l’affidabilità di una strategia di comunicazione ben programmata in un programma politico come quello dei repubblicani nell’era post-reaganiana. La riflessione di George Lakoff sarà l’esempio prescelto per mostrare quali considerazioni si possano fare per contrastare un programma conservatore ben orchestrato.
Resta sullo sfondo, davvero altra, la levatura dei banchieri storici dell’ira capaci di ragionare con la freddezza di un Wladimir Uljanov Lenin dopo l’impiccagione del fratello Alexander, attentatore fallito dello Zar Alessandro III: consapevoli che chi riesce a rinunciare all’assassinio del principe, ottiene infatti un giorno, come supplemento al potere conquistato, la salma del principe.