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Linguaggio, narrazioni e politica

12 dicembre 2008

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Il modo di pensare ed il linguaggio dei conservatori, negli ultimi trent’anni, si sarebbe largamente imposto tra i media americani. Al punto che il  democratico  Barack Obama ha dovuto denunciare e scontare inizialmente un deficit di empatia,  una mancanza di attenzione. Prestare attenzione non significa soltanto provare empatia, ma assumere responsabilità, agire con forza e con coraggio. Per prestare attenzione, occorrono le forze per farlo e ancor più per farlo con successo. Nello schema lakoffiano, empatia e responsabilità sono al cuore del pensiero progressista. E, potenzialmente, insediate nei circuiti cerebrali di ogni americano. Per il politico progressista, si tratta dunque di risvegliare e di richiamare questi valori, senza cadere nei trabocchetti dei media conservatori: questo è quel che è riuscito, dopo tanti anni di predominio repubblicano, al democratico Obama.
Una trappola classica per il politico progressista  sarebbe consistita nell’accettare di parlare degli interessi dei propri elettori, invece che parlare con loro in termini empatici e responsabili. Quel che si doveva evitare era questo ragionamento: è nel nostro interesse politico aiutare la gente a raggiungere i propri interessi materiali. Se lo faremo, ci voteranno. Di qui programmi come tasse ridotte per la piccola borghesia, affitti calmierati per gli studenti fuori-sede, buoni-casa per i senzatetto, carta verde per gli immigrati clandestini, pensioni migliori per il pubblico impiego, assistenza sanitaria gratuita per i bambini poveri. Programmi che s’ispirano all’empatia, ma fondati sull’argomento dell’interesse dei gruppi, un argomento che – secondo Lakoff – non paga a sinistra. D’interesse economico, parla assai più convincentemente la destra.
Accade lo stesso nell’utilizzo del linguaggio: non è vincente adoperare un contesto linguistico conservatore per proporre valori progressisti. Se i conservatori parlano di “guerra al terrore”, un neoliberale potrebbe riprendere l’espressione  per contrastarla, accettando però così di fatto il contesto conservatore. Il “neoliberale” potrà anche argomentare contro la politica conservatrice, ma se permarrà all’interno del contesto, attiverà e rinforzerà quel contesto, invece che sfidarlo o cambiarlo.
porta-a-portaSecondo Lakoff, le prove a sostegno di questa tesi sono innumerevoli; tuttavia, la tesi non fa breccia tra i politici neoliberali [neppure a  politici progressisti che, magari partecipando a “Porta a Porta” o a “Mixer”, cadono nelle maglie della trappola nei confronti della quale Lakoff mette in guardia. Un politico di sinistra a “Porta a Porta” rischia di essere comunque funzionale al contesto conservatore]. Non avrà successo neppure esporre le crude cifre, sostenendo che i numeri parlano da soli: non è vero affatto, i numeri parlano all’interno di contesti e dicono cose diverse a secondo dei contesti diversi. Accentuare il lato negativo o quello positivo,per esempio, sposta la bilancia da una parte o dall’altra – come nel caso del famoso bicchiere. Un esempio è dato da un esperimento condotto da Kahneman.

Facciamo finta che vi dicano che siete seriamente malati e che occorre decidiate se sottoporvi ad un’operazione chirurgica: ne va della vostra vita. Nel caso A, vi dicono che avete il 10% di possibilità di morire nel corso dell’intervento. Nel caso B, vi dicono che avete il 90% di possibilità di sopravvivere all’intervento. Il caso A contestualizza la decisione in termini negativi. Il caso B, la contestualizza in termini positivi, di salvezza. Letteralmente, le percentuali in termini di probabilità sono identiche. Nell’esperimento,  molte più persone hanno scelto di sottoporsi all’intervento se si è posta loro la scelta in termini di salvezza, piuttosto che nel contesto negativo. Questo non è razionale dal punto di vista della razionalità economica classica, ma è quel che avviene.
Come contrastare questo imporsi dei contesti richiamati dai media e dalle forze politiche? Quel che non deve essere fatto, è accettare lo stesso agone, controbattere con gli stessi mezzi semantici sia pure con argomentazioni diverse od opposte. Secondo Lakoff, infatti, quello che stiamo imparando sulla frame semantics è molto importante in campo politico proprio perché si è scoperto che se si usa lo stesso linguaggio degli oppositori politici, anche se si stanno in realtà sostenendo opinioni contrarie, si finisce per aiutarli, poiché ogni parola è definita rispetto ad un contesto, e ogni contesto è caratterizzato all’interno di un sistema di contesti. Perciò quando si attiva la parola, automaticamente si attiva il suo contesto, il loro intero sistema di contesti e quindi il loro intero sistema di valori. Dunque, quando si usano i contesti di altre persone – anche se per contrastare le loro opinioni – si sta in realtà accettando il loro sistema di valori e di conseguenza li si sta favorendo.

In positivo, cosa dovrebbe fare un neoliberale americano avvertito? “In primo luogo, la cosa più difficile: pensare al di fuori dall‘illuminismo – in termini di visioni del mondo, contesti, metafore, narrazioni eccetera. Imparare ad argomentare con forza ed emotivamente partendo dalla prospettiva morale empatica e responsabile, valorizzando sempre le idee di protezione e rafforzamento. Aver chiaro che queste sono le basi della democrazia. Rinunciare allo schema destra-sinistra ed all’idea di spostarsi a destra per prendere più voti. Cercare punti in comune tra argomenti diversi. Favorire lo sviluppo di pensatoi su questioni cruciali – nei fatti, sviluppare temi dal sistema morale utili al governo ed ai casi specifici. Mai accettare per i suoi temi contesti conservatori, anche argomentando contro, ma offrire del proprio. Smettere di aiutare l’economia neoliberale a livello globale. Se ci si deve compromettere coi conservatori, iniziare la negoziazione dalla propria posizione morale – empatia e responsabilità, non dall’argomento dell’interesse proprio”[1].

Un esempio concreto di come un politico riesca, se vuole, a non farsi imprigionare in contesti che lo sfavorirebbero, è offerto da una partecipazione di Barack Obama ad un programma della CNN, agli inizi della sua campagna, il 2 giugno 2007. Lo intervistava Wolf Blitzer, un lupo travestito da pecora, un commentatore conservatore travestito da osservatore neutrale. barack-obamaLakoff riporta il batti e risposta:
Blitzer: Vorrei alzasse la mano se ritiene che l’inglese dovrebbe essere la lingua ufficiale degli Stati Uniti.
Obama rifiuta di alzarla, si alza in piedi, fa un passo avanti e dice:
Obama: “Questo è il genere di domande fatto apposta per dividerci. Lo so, lei ha ragione. Tutti dovrebbero imparare l’inglese se vivono in questo Paese. Ma la questione non è se le future generazioni di immigranti impareranno o meno l’inglese. La questione è: come possiamo proporre una politica dell’immigrazione al contempo legale e sensibile? E se veniamo distratti da quel tipo di domande, credo che facciamo un cattivo servizio agli Americani”.

Ecco un bell’esempio di come si rifiuta in politica il ricorso a contesti che ci obbligherebbero ad accettare il contesto dell’avversario. E’ ben fatto: lo so, lei ha ragione, ma… e qui si dice quel che dobbiamo dire noi, dal nostro punto di vista, senza contestare l’argomento addotto dall’avversario. Anche adottando questa nuova strategia, Barack Obama ha vinto le elezioni alla Presidenza degli Stati Uniti. E, con ogni probabilità, anche incarnando una serie di narrazioni credibili per la maggioranza degli elettori che alla fine lo hanno scelto, prima nella contesa con Hillary Clinton e poi in quella con John McCain.
In sostanza, oltre che il programma e la delusione diffusa nei confronti dell’Amministrazione uscente, per Obama hanno giocato anche narrazioni vincenti ormai acquisite dagli americani che avevano avuto ed hanno per protagonisti cittadini afro-americani. Negli anni Duemila, molte volte Oprah Winfrey si è confermata come la personalità televisiva più amata.

Jamie Foxx in Ray

Jamie Foxx in Ray

Nel 2005, la scelta popolare tra i film candidati all’Oscar cadde su Ray, la storia di Ray Charles, mentre l’attore più amato fu Jamie Foxx, proprio nel ruolo del cantante. Nel 2006 un altro nero, Tiger Woods, fu nominato Sportivo dell’anno, mentre secondo era Michael Jordan. Tra le donne, Venus e Serena Williams erano prima e seconda.williams-2
E da noi? Possibile che da così tanti anni all’esigenza di Nanni Moretti in Aprile (“D’Alema, dì qualcosa di sinistra? Anzi, dì qualcosa…”) non si riesca a dare risposta? La nuova Destra italiana è stata capace di sfruttare un sistema di frame creato con razionale pervicacia grazie soprattutto alla televisione, per far breccia nell’elettorato e spostare a destra l’asse della politica italiana.

 


[1] Ivi, pag. 60.

Narrazioni, biconcettualismo e politica

12 dicembre 2008
11.9.2001 Ground Zero

11.9.2001 Ground Zero

Nell’immaginare e nel vivere una determinata esperienza si attiva la stessa struttura neuronale. L’11 settembre 2001 è stato un evento che ha causato un’enorme paura. Ovviamente, innanzitutto per chi lo ha vissuto in prima persona, ma poi anche per chi lo ha seguito in televisione, o su internet, migliaia di chilometri lontano da NY. Eppure, in migliaia di spot elettorali i Repubblicani hanno ripetuto le immagini delle due torri che si sbriciolavano al suolo, continuando a causare e a diffondere paura. Lo stesso linguaggio adottato negli spot (minaccia, attacco, terroristi) e nella retorica dei Repubblicani può continuare ad evocare paura una volta che i circuiti neuronali si sono fissati nel nostro cervello. In questo modo, c’è chi può fare un uso politico della paura.
Alcuni modelli narrativi, dicevamo,si sono manifestati più capaci di altri di suscitare consenso ed immedesimazione. La narrazione che vede un salvatore accorrere in aiuto di una vittima innocente, si è dimostrato per esempio negli ultimi anni un contesto vincente. Tanto è vero che due Presidenti americani, padre e figlio, vi hanno fatto ricorso a distanza di una decina d’anni.
Nella prima Guerra del Golfo, il primo Presidente Bush ha tentato inizialmente la strada della narrazione autodifensiva: Saddam Hussein stava minacciando gli Stati Uniti, strozzando i suoi oleodotti. I dimostranti pacifisti controbbatterono con lo slogan “No Blood for Oil” [Niente sangue per il petrolio], e funzionò. Un sondaggio tre mesi prima dell’inizio della guerra attestava che gli americani non si sarebbero battuti per il petrolio. Ma che lo avrebbero fatto per salvare qualcuno. Subito dopo il sondaggio, la narrazione presidenziale cambiò, divenendo una narrazione salvifica: bisognava accorrere in aiuto del Kuwait stuprato. La figlia di un diplomatico dell’emirato fu fatta testimoniare di esser stata vittima di uno stupro perpetrato dall’esercito invasore di Saddam. Saddam diveniva così il Bruto, il Kuwait e le sue donne le vittime innocenti e gli Stati Uniti l’Eroe Buono che accorre in difesa.
Inutile dire qui delle realtà che si celavano dietro la narrazione. Ognuno ha le proprie idee politiche.
US-IRAQ-POLITICS-BUSH-SPEECHE’ interessante che lo stesso spostamento accade dieci anni dopo in occasione della Seconda Guerra del Golfo. Prima, George W. Bush tenta la carta della narrazione dell’auto-difesa: Saddam avrebbe avuto armi di distruzione di massa. Ma dato che gli osservatori ONU non le trovano, la narrazione cambia e diviene ancora una volta una narrazione salvifica: le vittime sono i popoli iracheni, angariati e bombardati dal Bruto Saddam, popoli da salvare portando loro la democrazia e liberandoli dalle torture, dagli stupri, dalla corruzione e dagli omicidi.

La struttura profonda della narrazione resta la medesima: in due guerre diverse (?), con due Presidenti diversi osserviamo lo stesso spostamento narrativo: se un contesto narrativo non funziona, se ne adotta un altro che ha già funzionato. bush-abdullah-holding-handsCiò è stato possibile perché nei cervelli degli americani – secondo la teoria di Lakoff – si danno le strutture limbiche profonde in grado di accogliere casi diversi ma analoghi: “i legami neuronali permanenti permettono che queste strutture narrative generali siano applicate ad ogni nuovo caso particolare”[1].
Nella teoria dello studioso di Berkeley, conservatori e progressisti quindi non hanno solo fini e valori diversi, ma anche differenti modi di pensare. E’ per noi curioso che esista un modo di pensare conservatore ed uno progressista: e come pensa Casini? Secondo Lakoff, quelli che si sentono di centro usano a volte il modo di pensare progressista ed altre quello conservatore. La teoria cognitivista non ammette moderati: non esiste una visione del mondo moderata, nessuno ha un set di idee che caratterizza un “centro” o la “moderazione”: “chi si definisce moderato usa il pensiero conservatore in alcuni ambiti e quello progressista in altri, senza con ciò rientrare in una scala lineare sinistra-destra”[2]. Non solo: secondo Lakoff, il fine ultimo dell’utilizzo della metafora della scala destra-sinistra serve a favorire i conservatori radicali ed a marginalizzare i progressisti. Almeno nei cervelli degli americani ci sono solo due modi di pensare, uno fondamentalmente progressista ed uno fondamentalmente conservatore. Chi è in mezzo, usa entrambi. E’ quello che Lakoff definisce biconcettualismo; vale a dire la capacità del nostro cervello di funzionare secondo una logica in certe occasioni e in altre secondo un’altra. Non si tratterebbe di ipocrisia, ma della reale capacità – frutto ancora una volta dell’organizzazione cerebrale – di separare ambiti diversi.
A lungo ho pensato che l’essere umano moderno occidentale fosse essenzialmente “di destra”. Cioè che i suoi desideri profondi fossero guidati da quel potente motore che è l’istinto di sopravvivenza. Per superare le ragioni del quale ritenevo fossero necessarie mediazioni culturali, un’opera di addomesticamento degli istinti. Al dilemma tradizionale: due uomini davanti ad una mela, se la contenderanno o la spartiranno?, pensavo fosse lecito rispondere: dipende dal loro interesse in quel momento, se converrà loro, la divideranno, altrimenti se la contenderanno. In altri termini, ritenevo prevalesse l’interesse proprio, ancorché modulabile.
Oggi, la scoperta dei neuroni-specchio e la semantica cognitivista potrebbero indurre a modificare la risposta. Empatia e cooperazione sembrerebbero altrettanto naturali dell’argomento dell’interesse proprio[3]. D’altra parte, come proviamo paura nel vedere un delitto o un incidente ad altri, come fosse capitato a noi, allo stesso modo proviamo piacere, facendo cose che risultano gradite agli altri.

neurone

neurone

A questo proposito, Lakoff si sofferma sull’importanza della scoperta (che si deve essenzialmente ad un’équipe italiana) dei neuroni-specchio. È grazie ai neuroni specchio che capiamo intuitivamente se qualcuno è arrabbiato, spaventato o felice. E questo permette di immedesimarsi nelle altre persone, il che suggerisce che l’empatia sia qualcosa di connaturato, e che quindi non sia affatto vero che l’unico istinto “naturale” dell’uomo sia la ricerca e il conseguimento dell’interesse personale. Tutto ciò avrebbe conseguenze morali, politiche ed economiche molto importanti. Sono molte le teorie delle scienze politiche incentrate sulla ricerca dell’interesse personale. Ma non sono vere, e hanno pesanti ripercussioni politiche.
I neuroni specchio hanno anche importanti conseguenze per una teoria del significato. Essi si attivano quando si compie una certa azione, oppure quando si vede qualcun altro compierla. Questo loro comportamento mostra che sono in un qualche modo neutrali tra azione e percezione. E questo è esattamente ciò che il linguaggio è. Ciò significa che è molto probabile che i neuroni specchio siano coinvolti nel significato di tali azioni. Il che sembra dare origine a una teoria del significato secondo cui questo è basato sulla simulazione mentale. In ogni caso, secondo Lakoff è evidente il debito nei confronti degli studi recenti nel campo delle neuroscienze.


[1] G. Lakoff, The Political Mind, cit., pag. 38.
[2] Ivi, pagg. 44-5.
[3] Ivi, vedi pag. 202 e segg.