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Oltre la misocosmia [Antonio Lucci]

25 novembre 2008

Sloterdijk, dopo aver analizzato cristianesimo e comunismo quali impianti psico-politici di immagazzinamento e differimento dei potenziali d’ira ne constata anche il fallimento. E descrive la nostra come un’epoca in cui il thymós, l’insieme delle passioni-contro, è andato incontro ad un’atrofizzazione, che ha rovesciato sulla parte erotico-appropriativa dell’animo tutto l’onere della soddisfazione delle esigenze psichiche degli individui.
In linea con l’apparato (Ge-stell) economico-politico occidentale, con la società nel vizio [1] e del consumo, non si lotta più per il riconoscimento, ma per l’appropriazione. Appropriazione eminentemente materiale, sempre meno spirituale. Divengono così emblematici dello spirito del nostro tempo il karoushi giapponese, ossia la morte da sovraccarico di stress lavorativo, o la sindrome da shopping compulsivo che ha preso sempre più piede negli USA: gli affetti da quest’ultima (soprattutto ragazze della middle-class) sperperano patrimoni (propri e dei familiari) in spese inutili per abiti che poi non indosseranno, che andranno ad accumularsi in mostruosi armadi senza mai essere indossati, frutto della necessità di riempire un vuoto che gli oggetti non riescono a colmare.
Con Heidegger si potrebbe dire che “Il vuoto dell’essere (…) non è mai suscettibile di venir riempito dalla pienezza dell’essente”[2]. Vuoto che non è altro che vuoto di riconoscimento, vuoto di confronto, vuoto di desiderio, svuotamento del luogo in cui le passioni timotiche trovano il loro terreno di confronto per eccellenza: il campo politico. 
È il venir meno della possibilità di integrazione in strutture politiche, religiose, in istituzioni (direbbe Gehlen) che riescano ad inserire l’individuo in un contesto propriamente sociale la causa prima del ritrarsi del thymós nella contemporaneità. Anche le esplosioni di ira popolare sono estemporanee: atti amorfi di misocosmia li chiama Sloterdijk: il filosofo di Karlsruhe fa l’esempio delle banlieue parigine. Nel panorama italiano, anch’io mi sentirei di aggiungervi il V-day di Beppe Grillo.
come-te-nessuno-maiOggi, la generazione che protesta per la riforma scolastica e universitaria proprio fuori da queste aule è cresciuta guardando film come Manuale d’amore, Tre metri sopra il cielo, Parlami d’amore, Come te nessuno mai. Quella che protestava quarant’anni fa guardando Milano calibro 9, Il boss, Milano spara, Roma a mano armata. La coscienza della violenza penetrava nelle visioni del mondo singole, anche solo attraverso il quotidiano esser-trasposto nella banalità di un film d’intrattenimento. Il confronto politico si tingeva dei colori forti della violenza. Nonostante ciò c’è da dire che confronto, parola chiave del thymós, all’epoca, c’era. Tragico, violento, omicida, sanguinoso, aspramente politico nel senso schmittiano del termine, ma c’era.

Lap-dance di Barbara Bouchet in Milano calibro 9

Lap-dance di Barbara Bouchet in Milano calibro 9

Ricordo che Carl Schmitt, nelle sue importanti analisi del concetto di politico, non manca mai di sottolineare che in tale concetto è sempre insita, fin dall’inizio, la possibilità aperta del confronto violento tra le fazioni opposte, la possibilità dell’annientamento fisico dell’avversario. Forse nelle parole di Schmitt lampeggia, di una luce oscura, il futuro di una politica che non voglia essere inglobata dall’impotenza pubblicitario-capitalistica della società dello spettacolo: “In primo luogo tutti i concetti, le espressioni e i termini politici hanno un senso polemico; essi hanno presente una conflittualità concreta, (…) la possibilità reale della lotta deve essere sempre presente affinché si possa parlare di politica (…) con il termine di nemico anche quello di lotta deve essere qui inteso nel senso di un’originarietà assoluta. Esso non significa concorrenza, non la lotta “puramente spirituale” della discussione, che alla fine ogni uomo in qualche modo compie sempre, poiché in realtà l’intera vita umana è una “lotta” ed ogni uomo un “combattente”. I concetti di amico, nemico e lotta acquistano il loro significato reale dal fatto che si riferiscono in modo specifico alla possibilità reale dell’uccisione fisica.”[3] 

[1] Espressione coniata e usata da Sloterdijk in Sfere III
[2] M. Heidegger, Oltrepassamento della metafisica, in Saggi e discorsi, Mursia, Milano, 2006, pag. 62
[3] C. Schmitt, Il concetto di “politico”, in Le categorie del politico, Il Mulino, Bologna 2005, pag. 113-116